LA MICO-GASTRONOMIA

di Giancarlo Moretto

Nella nostra Regione quando si parla di funghi ci si riferisce quasi esclusivamente ai porcini, addirittura, per molti, la parola fungo è sinonimo di porcino mentre per tutte le specie diverse dai porcini si usa un termine collettivo con significato vagamente dispregiativo: “pissacan” o altri simili. Nel sentire comune esiste anche una “stagione dei funghi” che sarebbe l’autunno, periodo nel quale i funghi (porcini) sono onnipresenti, protagonisti su riviste di cucina, programmi tv, sagre paesane, manifestazioni enogastronomiche più o meno importanti. Fanno bella mostra di se un po’ dovunque: nei supermercati, nei mercati rionali, nei piccoli mercati locali se non addirittura lungo le strade. In questo periodo ristoranti e trattorie propongono nei loro menù ricette a base di funghi (porcini) con nomi fantasiosi e roboanti.

In realtà sappiamo che ci sono funghi commestibili di pregio anche in stagioni diverse dall’autunno, i marzuoli, le morchelle, i prugnoli in primavera, molte russule e boleti di durante l’estate. Addirittura d’inverno, sotto la neve, i Pleurotus ostreatus e la Flammulina velutipes (tutti e due commestibili) mantengono desto l’interesse dei cercatori. Se consultiamo un manuale di micologia o visitiamo una mostra micologica possiamo constatare che i funghi commestibili sono parecchi e talvolta al giudizio di commestibilità si aggiungono valutazioni (molto personali) quali: “buono”, “ottimo”, “eccellente” . . . . . . aggettivi in molti casi riportati da autori vari e quasi mai sperimentati direttamente.

Senza dubbio, tra le numerose specie di funghi di accertata commestibilità, esiste una grande ricchezza di sapori, odori, consistenze della carne che rimane praticamente inesplorata. Le persone in grado di riconoscere con sicurezza i funghi, in genere, non conoscono le giuste procedure culinarie per valorizzarli. In pratica chi conosce bene i funghi non li sa cucinare e chi li saprebbe cucinare non ne conosce le caratteristiche particolari.

La persona che riunisce in se le conoscenze di micologia e di cucina è il mico-gastronomo. Egli infatti sperimenta l’uso di specie fungine meno note dei “soliti” porcini individuandone le caratteristiche peculiari di profumo, sapore o consistenza e cercando di valorizzarle con particolari abbinamenti e tecniche di cottura. Di volta in volta sperimenterà a quale preparazione destinare il suo fungo, che potrà essere protagonista di salse, sughi, omelettes, cus-cus, polente, zuppe, vellutate, bruschette, spiedini, sformati, torte salate, pizzette, crepes, polpette, pastasciutte, risotti . . . . . . . .Ogni fungo avrà la compagnia dell’erba aromatica più adatta e subirà la cottura più adatta: al forno, in padella, sulla griglia, sulla piastra, in umido . . . . . . . . .  e la sperimentazione potrà ripetersi più volte finchè il nostro “creativo” non sarà soddisfatto del risultato.

Per fare qualche esempio, se il nostro micogastronomo ha l’opportunità di fare una buona raccolta di Coprinus comatus, naturalmente giovanissimi e con lamelle perfettamente bianche, dovrà anticipare il suo ritorno a casa per cucinare i suoi coprini prima possibile in quanto, a causa della rapida deperibilità che li caratterizza, non possono attendere. Inoltre, conoscendone bene la delicatezza, avrà cura di limitare l’uso di erbe aromatiche, grassi, aglio e cipolla che coprirebbero irrimediabilmente il delicato sapore del fungo. Sarà così per ogni fungo di volta in volta oggetto dell’interesse del nostro curioso cacciatore di sapori.    

Facile intuire che il suo campo d’azione sarà costituito dalle specie meno comuni, irreperibili attraverso i normali circuiti commerciali, pertanto non saranno mai presenti nei menù dei ristoranti, nemmeno nei più prestigiosi e multi-stellati. Saranno cibi preziosi, riservati agli appassionati capaci di trovarli, di riconoscerli con assoluta sicurezza, e cucinarli nel modo adeguato. Alla tavola del mico-gastronomo si possono gustare cibi esclusivi, non valutabili in denaro.

La micogastronomia non è materia per avidi cercatori ne’ per ingordi micofagi ma la sintesi della conoscenza micologica e della capacità creativa propria della gastronomia.